
 
Quattro donne diverse tra loro, ma 
legate da una colpa comune: l'infanticidio. All'interno di un ospedale 
psichiatrico giudiziario, trascorrono il loro tempo espiando una 
condanna che è soprattutto interiore: il senso di colpa per un gesto che
 ha vanificato le loro esistenze.
Dalla convivenza forzata, che a sua volta genera la sofferenza di 
leggere la propria colpa in quella dell'altra, germogliano amicizie, 
spezzate confessioni, un conforto mai pienamente consolatorio ma che fa 
apparire queste donne come colpevoli innocenti. 
Clara, combattuta nell'accettare il perdono del marito, che si è 
ricostruito una vita in Toscana, sconta gli effetti di un’esistenza 
basata su un'apparente normalità. Eloisa, passionale e diretta, persiste
 ogni volta nel polemizzare con le altre, un cinismo solo di facciata. 
Rina, ragazza-madre, ha affogato la figlia nella vasca da bagno in una 
sorta di eutanasia. Vincenza, nonostante la fede religiosa sarà l'unica a
 compiere un atto definitivo contro se stessa. Ha ancora due figli, 
fuori, e per loro riempie pagine di lettere che non spedirà mai.
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